L'Akita è una razza antica, che ancora oggi ha un significato particolare in Giappone: statuine raffiguranti questi cani vengono regalate ai neonati e agli infermi come augurio di buona salute e felicità. Di razza akita era anche Hachiko, che divenne famoso in tutto il mondo per essere sempre stato devoto al padrone fino alla morte, diventando un simbolo di fedeltà nella propria nazione.
Un tempo il possesso di questi cani era limitato ai membri della famiglia reale e all'aristocrazia ed esistevano disposizioni speciali in merito alla cura e al nutrimento da riservare loro; inoltre, per riferirsi ai cani o rivolgersi a essi si doveva ricorrere a un particolare vocabolario. Fin dal XVII secolo gli Akita furono addestrati alla caccia di grosse prede (orsi) e al riporto di volatili acquatici sulle montagne del Giappone.
Oltre alle sue attitudini alla caccia e nella pesca, l'Akita fu anche un formidabile cane da combattimento. Ancora nel periodo in cui riceveva un trattamento regale, l'animale fu allevato per il combattimento e col tempo, la razza ebbe a subire tali perdite da rischiare persino l'estinzione. In un mese un cane poteva affrontare fino a 12 combattimenti. Fu abbandonata questa pratica solo alla fine del secolo scorso, quando il Giappone cominciò a sentire l'influsso della cultura europea, e la razza Akita, che era ormai quasi estinta, poté riprendersi e ripopolarsi.Nel 1927 fu costituito ufficialmente un club intitolato alla razza, l'Associazione Akita inu Hozankai.Nel 1931 il governo giapponese proclamò l'Akita un patrimonio e un vanto nazionale. Dopo la seconda guerra mondiale, le forze d'occupazione americane ebbero modo di ammirare lo spirito di adattamento, la lealtà e la nobiltà di questa razza, e ne portarono in patria alcuni esemplari. Uno dei più antichi miti relativi all'Akita è una leggenda popolare degli Ainu che parlava di un uomo che va a visitare la terra dei morti. Una volta arrivato, egli trova un villaggio molto simile al suo e abitato da persone che egli un tempo aveva conosciuto in vita. Ma il popolo dei morti sembra non vedere e non sentire questo uomo, che passa inosservato eccetto che in una circostanza. La sua presenza infatti viene rilevata dai cani che abbaiano verso di lui.
Questo mito trova echi in diverse parti del mondo e viene a sostegno della convinzione popolare ampiamente diffusa che i cani posseggano una capacità di vista primordiale, capace di vedere gli spiriti.
Questo mito trova echi in diverse parti del mondo e viene a sostegno della convinzione popolare ampiamente diffusa che i cani posseggano una capacità di vista primordiale, capace di vedere gli spiriti.
Un'altro mito sull'Akita è il cosiddetto "racconto del chiacchierone". Una volta, tanto tempo fa, tutti i cani sapevano parlare, solo che, a un certo punto, un cane si accorse che il suo padrone aveva una tresca e riferì la cosa alla moglie di lui. Così, continua la storia, il cane perse la capacità di parlare e ora è capace soltanto di abbaiare. A sentire le antiche storie, l'Akita non abbaiava durante la caccia, e il suo silenzio era considerato la più bella virtù che un cane potesse avere in questa attività. Ne è chiara dimostrazione un antico mito giapponese.Pare che un cacciatore e il suo cane si trovassero insieme nella foresta quando l'animale, vedendo un orso, indusse il padrone a un fatale scontro con la bestia feroce. Una volta tornato indietro da solo, raccontò una frottola alla moglie del padrone. Disse che, in punto di morte, il marito aveva espresso la volontà che lui sposasse la donna. La povera vedova non credette a quella storia, e siccome il cane continuava a parlarne e riparlarne, gli buttò una manciata di polvere nella bocca riducendolo al silenzio. La leggenda rimanda alla credenza del popolo Ainu circa una primordiale unione cane-donna. Essa allude inoltre al fatto che la polvere è il nostro principio e la nostra fine.
Mettendo da parte antichi miti e leggende, l'Akita si ritrovò, non molti anni fa, a essere un mito in carne ed ossa: nei pressi della stazione ferroviaria Shibuya, a Tokyo, c'è infatti una statua a lui dedicata.
Mettendo da parte antichi miti e leggende, l'Akita si ritrovò, non molti anni fa, a essere un mito in carne ed ossa: nei pressi della stazione ferroviaria Shibuya, a Tokyo, c'è infatti una statua a lui dedicata.
Si narra che l'Imperatore Yuryaku (457-479 d.C.) vide, passando per un villaggio, una casa molto simile al suo palazzo, furibondo diede ordine che venisse immediatamente incendiata e distrutta, niente doveva rimanere. Il proprietario disperato non sapendo come far cambiare idea all'Imperatore, pensò di regalargli uno dei suoi cuccioli di cane, prese il più bello e lo donò al suo signore. L'Imperatore rimase così colpito dalla bellezza di quel cucciolo che s'impietosì e concesse la grazia fermando l'ordine impartito, la casa fu salva. Quel cucciolo (un antenato di akita) divenne membro della corte. Quando ci si rivolgeva ad un Akita Imperiale era d’obbligo usare termini speciali creati appositamente per questa razza; il sorvegliante stesso del cane doveva usare un abito particolare, ed il cane doveva portare un guinzaglio che ne indicasse lo stato sociale (del cane oltre che del proprietario). Uno dei miti più antichi relativi alla razza è una leggenda popolare degli Ainu (:figli dei cani); il rispetto verso questa razza deriva da una leggenda secondo la quale il popolo Ainu sarebbe nato dall'unione tra una donna e un cane.
Le donne , quando andavano al lavoro nei campi, usavano affidare i loro figli ad una femmina di Akita che li avrebbe sorvegliati fino al loro ritorno. Ancora oggi quando nasce un bambino è cosa molto gradita ricevere una statuetta di Akita sinonimo di lunga vita e buona fortuna.
;-)
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